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Le SFIDE
Life is a challenge, meet it
Tratto da:
Above the seventy-first, il mio viaggio a Capo Nord su di una piccola moto gialla.
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"Avrei voglia di qualcosa di caldo, ma qui non c’è anima viva, niente di niente. Arrivo a Skaidi dove c’è il bivio per Hammerfest, il più antico insediamento umano della Norvegia, rimango sulla E6 e mi fermo al distributore sperando che il bar sia aperto, ma niente apre alle 9, non posso aspettare mezzora, vado avanti. Percorriamo altri 20 km e finalmente siamo al bivio con la E69, la strada che porta al Capo. Si abbandona, dopo 2000 km, la E6, ne mancano oramai solo 130 alla meta. Il paesaggio è cambiato, ora la strada costeggia il grande fiordo Porsanger, e sarà così sino a Capo Nord. Il tracciato a tratti é stato ricavato direttamente tagliando la roccia e per decine di km ripasso un po’ di geologia: fitte stratificazioni di arenaria in pareti verticali decine di metri. Il cielo purtroppo non è più terso, c’è una leggera foschia e la temperatura è calata di diversi gradi. Anche l’umidità del mare si fa sentire e dopo pochi chilometri devo fermarmi e indossare il completo antipioggia per proteggermi ulteriormente dal freddo. Il traffico é quasi inesistente e mi sento in pace. Sono felice canto da solo dentro il casco ma devo stare attento alle renne che ogni tanto attraversano la strada a gruppetti. Capo Nord si avvicina, mancano una cinquantina di km e arriviamo al famoso tunnel. Apparentemente é una normale galleria che entra nella montagna, ma dopo pochi metri inizia una ripida discesa. La pendenza è tale da obbligarmi a procedere con il gas parzializzato per sfruttare l’effetto freno motore ma devo aiutarmi anche con entrambi i freni. Ma che succede, dopo un paio di km, nel buio più totale, il navigatore mi indica che sono sull’acqua? In realtà non ci troviamo ne sopra ne dentro, ma sotto il mare in quanto la galleria é stata scavata nella roccia e arriva a poco più di 200 m sotto il livello del mare; essa unisce l’isola di Mageroya, dove si trova Capo Nord, al continente. Devo dire che fa una certa impressione e quando arrivi sul fondo non vedi l’ora di risalire. E un po’ la metafora della vita. La salita è altrettanto ripida e dentro di me imploro la Suzukina di non farmi brutti scherzi. Fermarsi qui non sarebbe piacevole, mi immagino a fare qualsiasi riparazione con 200 m tra roccia e acqua sopra il capo! Incontro un gruppetto di corraggiosi ciclisti che spingono in salita sul marciapiede con le bici cariche di bagagli. Sarei tentato a fermarmi per chiedergli un autografo. Finalmente la luce e ci troviamo, dopo un ponte, immediatamente a Honnisvag, forse la cittadina più a nord dell’Europa continentale. La strada si biforca, a destra c’è un caffè e una bella colazione, a sinistra la meta tanto desiderata. Solo 32 km. Per una frazione di secondo rimango indeciso ma poi niente, giro a sinistra e continuo! La strada costeggia ancora il mare artico per pochi chilometri, poi, quando ne mancano 25 all’arrivo, sale decisa e in un paio di chilometri con qualche bella curva, raggiunge l’altopiano sul quale scorre sinuosa la scura striscia d’asfalto. Nessun albero, solamente un po’ di muschio che ricopre le rocce nude. Qualche renna qua e là, comunque a distanza di sicurezza. Pumf, pumf, il motore della Suzukina si merita il mio ringraziamento, mai un colpo perso, sempre in moto al primo calcio, sono orgoglioso, mi vengono in mente per un attimo tutti i 5000 km per arrivare sin quassù. Mi viene da cantare a squarciagola un motivo e non so neanche perché: don’t dream It’s over dei Crowded House e intanto percorro gli ultimi chilometri in uno scenario magnifico. A 12 km l’ultima svolta, il bivio per Skarsvåg, questo si che è il villaggio abitato più a Nord del continente. Solo una manciata di abitazioni e un porticciolo. Tiro dritto, la strada si arrampica di nuovo e oramai in lontananza scorgo la sfera bianca (sarà un radar?) sul tetto del centro visitatori del capo. Giungo al cartello dei 500 metri con l’eccitazione a mille. È fatta, alle 10.34 del 6 agosto dopo 10 giorni e 5080 km Gipsy ed io siamo finalmente sul piazzale. Siamo a Capo Nord."
"Quando dalla sommità della rupe del capo scruti la linea dell’orizzonte provi una sensazione unica, indimenticabile. E’ un momento magico perché realizzi cosa sei riuscito a fare e scopri di conoscerti un po’ di più".

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